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Estratti dal libro "La grande Apostasia" di James E. Talmage


La Perdita storica del Vangelo


UNA DICHIARAZIONE DI FONTE CATTOLICA

Molti anni fa, un dotto esponente della chiesa Cattolica Romana venne nello Utah e parlò dal pulpito del tabernacolo di Salt Lake City. In seguito questi divenne amico del fu anziano Orson F. Whitney ed in una occasione ebbe modo di esprimersi liberamente. Questo studioso, che conosceva forse una dozzina di lingue, sembrava conoscere tutto su teologia, legge, letteratura, scienza e filosofia. Un giorno confidò all'anziano Whitney: "Voi mormoni siete tutti ignorantoni. Non vi rendete neppure conto della forza della vostra posizione. Questa è così forte che ne esiste soltanto un'altra di pari forza nel mondo cristiano, e cioè quella della chiesa Cattolica. La battaglia si sta combattendo tra il cattolicesimo ed il Mormonismo. Se abbiamo ragione noi, avete torto voi, se avete ragione voi, abbiamo torto noi: i protestanti non hanno un palmo di terreno su cui poggiare, in quanto, se noi siamo nell'errore, essi sono nell'errore con noi, dal momento che essi facevano parte della nostra chiesa e se ne sono allontanati; se invece siamo nel giusto, essi non sono che apostati che abbiamo cacciato lontano da noi tanto tempo fa. Se, come asseriamo, siamo i depositari della successione di Pietro, non c'è alcun bisogno di Joseph Smith e del mormonismo. Ma se non siamo i depositari di questa successione, allora un uomo come Joseph Smith era necessario e la posizione del mormonismo è la sola che abbia consistenza. Possiamo avere soltanto o la perpetuazione del vangelo dai tempi antichi, o la restaurazione del vangelo negli ultimi giorni".
Avendo discusso l'argomento dell'apostasia, o allontanamento della verità, attraverso le scritture, adesso cercheremo di fare un'analisi di questo grande problema descritto dalle scritture, attraverso una analisi storica, che documenteremo con avvenimenti facilmente riscontrabili presso tutti i testi accreditati della storia comune.

ALCUNE FONTI AUTOREVOLI D'INFORMAZIONE SULLA STORIA ECCLESIASTICA


Eusebio.
Eusebio di Cesarea. Egli nacque intorno al 26 in Palestina, probabilmente a Cesarea, e morì intorno al 339 a.c. Fu un testimone oculare e condivise parte delle sofferenze delle persecuzioni pagane contro i Cristiani. Egli è chiamato "Padre della storia della chiesa". Fu autore di varie opere, delle quali "La storia ecclesiastica" fu fra le prime.

Mosheim.
Il dottor J.L. von Mosheim, cancelliere dell'Università di Gottingen,scrittore tedesco, famoso per i suoi contributi alla storia della chiesa. Egli è autore di una esauriente opera "Istituzioni di Storia ecclesiastica" (6 Volumi) datata 1755.

Milner
Rev. Joseph Milner. Autorità inglese sulla storia della chiesa, ed autore di una esauriente opera "Storia della chiesa di Cristo".

CAUSE DELL'APOSTASIA (CAUSE ESTERNE)

Prenderemo ora in esame, e vedremo come operarono, alcune delle cause principali che determinarono l'apostasia o allontanamento dalla verità. Le condizioni esterne che operarono contro la chiesa, tendendo a limitarne lo sviluppo e contribuendo al suo declino, possono essere indicate con il termine generale di "persecuzioni".
È un fatto storico incontrastato ed incontrastabile che, dal tempo del suo inizio fino a quello della sua reale cessazione, la Chiesa istituita da Gesù' Cristo fu oggetto di violente persecuzioni. Se queste ultime debbano essere considerate fra le principali cause dell'apostasia, è una questione che vale la pena di trattare. Non sempre l'opposizione è distruttiva: al contrario, essa in certi campi può contribuire al miglioramento di specifiche situazioni. Le persecuzioni possono spingere a maggior zelo dimostrandosi così un potente fattore di progresso. Un proverbio tuttora valido dice che: "il sangue dei martiri è il seme della chiesa". Ma i proverbi e gli adagi, gli aforismi e le parabole, pur se veri in generale, non sempre si applicano a condizioni particolari. Indubbiamente le persistenti persecuzioni cui la chiesa ai suoi albori era fatta segno, indussero molti suoi adepti a rinunciare a quella fede e ritornarono alle loro precedenti convinzioni, fossero esse giudaiche o pagane. Così i membri della chiesa diminuirono. Ma questi episodi di apostasia della chiesa possono essere ritenuti diserzioni individuali e relativamente poco importanti nei loro effetti sulla chiesa stessa come organismo. I pericoli che in generale intimorivano, in certi individui determinavano una decisa presa di posizione; i ranghi disertati dai deboli disaffezionati venivano riempiti dai convertiti zelanti. Ripetiamo che l'apostasia della chiesa è insignificante se paragonata all'apostasia della chiesa come istituzione. Le persecuzioni contro la chiesa di Cristo come una delle cause dell'apostasia influirono indirettamente ma efficacemente.
Un'altra ragione per fare qui un breve sommario delle persecuzioni di cui la chiesa nascente fu vittima, è quella di offrire la base per un facile confronto fra queste persecuzioni e quelle condotte dalla chiesa apostata stessa nei secoli successivi. Scopriremo che le sofferenze della chiesa nei giorni della sua integrità sono superate dalle pene crudeli perpetrate nel nome di Cristo. Inoltre, lo studio delle prime persecuzioni ci permetterà di contrapporre le condizioni di opposizione e di miseria con quelle di agiatezza e di abbondanza che influirono sull'integrità della chiesa e sulla devozione dei suoi adepti.
Le persecuzioni cui la chiesa primitiva andò soggetta furono di duplice origine: giudaiche e pagane. Si deve ricordare che gli Ebrei si distinguevano fra tutte le nazioni dell'antichità perché credevano nell'esistenza di un Dio vivente. Il resto del mondo prima ed al tempo di Cristo era idolatra e pagano, dichiaratamente credente in un esercito di divinità, senza tuttavia riconoscere un Essere Supremo quale persona vivente. Gli ebrei erano molto aspri nella loro opposizione al Cristianesimo, che consideravano come una religione rivale della loro; ed inoltre, essi riconoscevano il fatto che se il Cristianesimo giungeva ad essere accettato generalmente come depositario della verità, la loro nazione sarebbe stata giudicata colpevole di aver messo a morte il Messia.

Questa qui di seguito è una dichiarazione di B.H.Roberts ("A new witness for God" pagina 47-48): "Non vi sorprenda il fatto che io classifichi quelle persecuzioni fra i mezzi con cui la chiesa fu distrutta. La furia della collera pagana era diretta ai capi ed agli uomini forti del corpo religioso; ed essendo tali persecuzioni durate parecchio ed inoltre essendo state condotte con inesorabile crudeltà, coloro che erano più tenaci nella fedeltà alla chiesa ne divennero le vittime più sicure. Quando queste persone furono abbattute, non rimasero che i deboli a lottare per la fede, e questo rese possibile quelle successive innovazioni nella religione di Cristo che il comune sentimento pagano esigeva. Tali innovazioni mutarono così profondamente la religione cristiana, sia nello spirito che nella forma, da minarla totalmente. Nessuno deve sorprendersi che in questo caso sia permesso alla violenza di operare. La convinzione secondo cui in questo mondo il bene trionfa sempre, che la verità è sempre vittoriosa e che l'innocenza è sempre protetta dal cielo è una cara vecchia favola con cui gli uomini ben intenzionati hanno continuato ad allettare un gran numero di persone credule. Ma i crudi fatti della storia (ed anche delle scritture "e le fu dato di far guerra ai santi e di vincerli" Apocalisse) e dell'esperienza reale della vita correggono questa piacevole illusione. Non fraintendetemi: io credo nella vittoria finale del bene, nel trionfo definitivo della Verità, nell'immunità finale dell'innocenza dalla violenza. Alla fine l'innocenza, la Verità ed il bene saranno più che dei conquistatori, essi vinceranno la guerra, ma questo non impedirà loro di perdere qualche battaglia. Si dovrebbe sempre ricordare che Dio ha dato all'uomo il libero arbitrio, e questo fatto significa che un uomo è libero di agire sia con malvagità che con giustizia. Caino era libero di uccidere suo fratello, quanto lo era quest'ultimo di adorare Iddio. E così come i pagani e gli ebrei erano liberi di perseguitare ed uccidere i Cristiani allo stesso modo i Cristiani erano liberi di vivere virtuosamente ed adorare Cristo come Dio. Il libero arbitrio dell'uomo non varrebbe il suo nome se non concedesse ai malfattori la libertà di riempire il calice della loro iniquità, e, ai virtuosi, di completare la misura della loro rettitudine. Questa perfetta libertà, o azione spontanea, è un dono di Dio all'uomo, ed essa è modificata in varie maniere perché queste non ostacolino i Suoi Fini generali".

Questa invece è una dichiarazione di Mosheim ("Istituzioni di Storia ecclesiastica" 1 secolo parte 1 5:1): "L'innocenza e la virtù che caratterizzavano così considerevolmente la vita dei servi di Cristo, nonché la purezza della dottrina insegnata dagli apostoli, non erano sufficienti a difenderli dalla mordacità e dalla malvagità dei giudei. I sacerdoti ed i governanti di questo popolo abbandonato, presero di mira gli apostoli di Gesù e i loro discepoli, non solo li coprivano di insulti e di ingiurie, ma ne mandavano a morte quanti più potevano, eseguendo le ingiuste condanne quanto più barbaramente possibile. L'assassinio di Stefano, di Giacomo figlio di Zebedeo e di Giacomo soprannominato il Giusto, Vescovo di Gerusalemme, è un esempio spaventoso della veridicità di quello che noi qui sosteniamo. Questa ripugnante malvagità dei dottori giudaici contro i messaggeri del vangelo era indubbiamente dovuta a un segreto timore che la diffusione del Cristianesimo potesse rovinare la reputazione del Giudaismo causando lo sfacelo delle loro pompose cerimonie." In una nota a piè di pagina della citazione summenzionata si leggono i seguenti riferimenti: "Il martirio di Stefano è descritto negli Atti 7:55, quello di Giacomo figlio di Zebedeo atti 11:1,2 e quello di Giacomo il Giusto, vescovo di Gerusalemme è menzionato da Giuseppe Flavio nella sua opera "antichità giudaiche" (Libro XX capitolo 8, e da Eusebio nella sua "Storia ecclesiastica" libro II Capitolo 23).

LE PERSECUZIONI PAGANE

Fra i persecutori pagani della chiesa, l'impero romano è il principale responsabile. Questo può sembrare strano in considerazione della tolleranza generale esercitata da Roma verso i suoi principali tributari, la causa effettiva dell'opposizione romana al cristianesimo ha dato adito a molte congetture. È probabile che l'eccessivo zelo e la poca tolleranza dei Cristiani portassero questi ultimi alla impopolarità presso le nazioni pagane. Questo argomento è prudenzialmente riassunto da Mosheim con queste parole: "Una curiosità alquanto naturale ci spinge a chiederci com'è che i Romani, che non procuravano fastidi a nessuna nazione, quale che fosse la sua religione, e che permettevano perfino agli Ebrei di vivere secondo le loro leggi e di seguire il loro culto, trattassero con molta severità soltanto i Cristiani. A questo importante interrogativo sembra ancor più difficile rispondere se si considera che l'eccellente natura della religione cristiana, nonché la sua ammirevole tendenza a promuovere, sia il benessere collettivo che la felicità individuale, le procuravano il favore e la protezione delle potenze regnanti. Una delle principali ragioni della severità con cui i Romani perseguitavano i Cristiani, malgrado queste considerazioni, sembra vada ricercata nell'avversione e nello sdegno con cui questi ultimi consideravano la religione dell'Impero, che era tanto intimamente connessa con la forma e, in verità, con la vera e propria essenza della sua costituzione politica. Perché, sebbene i Romani avessero una tolleranza illimitata verso tutte le religioni i cui principi non contenessero niente di pericoloso per l'Impero, tuttavia essi non permettevano che la religione dei loro antenati, che era stabilita dalle leggi dello Stato, fosse oggetto di derisione, né che il popolo fosse allontanato dal suo attaccamento ad essa. Tuttavia queste furono le due cose di cui vennero accusati i Cristiani, e a buona ragione, anche se ciò fa loro onore. Essi osavano mettere in ridicolo le assurdità della superstizione pagana, ed erano zelanti e assidui nel fare proseliti della verità. Essi non soltanto attaccavano la religione di Roma, ma anche tutte le differenti forme sotto cui si presentava la superstizione nei vari paesi dove esercitavano il loro ministero. Da questo i Romani conclusero che la setta cristiana non era soltanto insopportabilmente audace ed arrogante, ma anche un nemico della tranquillità pubblica e una causa probabile di tumulti, e forse anche di guerre civili, a danno dell'Impero. È probabilmente per questo motivo che Tacito li rimprovera, chiamandoli nemici del genere umano e definendo la religione di Gesù una superstizione distruttiva. Anche Svetonio quando parla dei Cristiani e della loro dottrina si esprime negli stessi termini."
Un'altra cosa dei Cristiani che irritava i Romani era la semplicità del loro culto, in contrasto con la pomposa impalcatura religiosa ed il suo austero rituale di qualsiasi altro popolo. I Cristiani non offrivano sacrifici, né avevano templi, né avevano immagini, né oracoli, né ordini sacerdotali e questo era sufficiente per attirarsi i rimproveri delle masse ignoranti che immaginavano che non potesse esistere religione senza queste cose.
Si può dire che le persecuzioni contro la chiesa da parte dell'autorità romana abbiano avuto inizio sotto il regno di Diocleziano (305 d.C.) In questo arco di tempo vi furono molti periodi di minore severità, se non di relativa tranquillità. Tuttavia la chiesa fu oggetto della oppressione pagana per circa 2 secoli e mezzo. Gli scrittori Cristiani hanno fatto dei tentativi per isolare le persecuzioni in 10 distinti e separati assalti furiosi; ed alcuni dichiarano di trovare un rapporto mistico fra le 10 persecuzioni così classificate e le 10 piaghe d'Egitto, come pure vi vedono un'analogia con le 10 corna menzionate da Giovanni il Rivelatore. Come realtà dimostrata dalla storia, il numero di persecuzioni di insolita gravita fu inferiore a 10, mentre il totale di tutte, inclusi gli assalti locali e limitati, sarebbe molto più grande.
La prima grande persecuzione avvenne nel 64 d.C. ordinata da Nerone nel tentativo di discolparsi dall'incendio di Roma. Queste che furono le prime persecuzioni sotto un editto romano, praticamente cessarono con la morte del tiranno avvenuta nel 68 d.C. Secondo la tradizione tramandata dai primi scrittori Cristiani, durante le dette persecuzioni gli apostoli Pietro e Paolo subirono il martirio, il primo per decapitazione, il secondo per crocifissione. Inoltre è detto che la moglie di Pietro fu messa a morte poco prima del marito, ma su questo punto vi sono molte incertezze.

LE PERSECUZIONI SOTTO DOMIZIANO

La seconda ondata di persecuzioni legalmente ordinate dall'autorità imperiale ebbe inizio intorno al 93-94 d.C. sotto il regno di Domiziano. Sia i Cristiani che gli ebrei incorsero nella disapprovazione di questo imperatore perché si rifiutavano di adorare le statue erette come divinità da propiziarsi. Un'altra ragione della sua particolare animosità contro i Cristiani, come dichiaravano i primi scrittori, era quella del continuo timore di perdere il trono; egli teneva sempre presente la predizione secondo la quale dalla famiglia cui apparteneva Gesù sarebbe sorto uno che avrebbe indebolito, se non rovesciato, il potere di Roma. Forte di questa motivazione, il malvagio regnante diresse la terribile campagna di annientamento di un popolo innocente. Fortunatamente, la persecuzione iniziata durò soltanto pochi anni. Mosheim ed altri affermano che la fine della persecuzione fu causata dalla prematura morte dell'imperatore. Secondo altri invece, per esempio secondo uno scrittore citato da Eusebio, Domiziano dopo aver fatto tradurre dinanzi a sé, quelli che erano ritenuti i DISCENDENTI DELLA FAMIGLIA DEL SALVATORE e dopo averli interrogati, mise fine alle persecuzioni perché si convinse di non correre alcun pericolo. Si pensa che nel tempo in cui era in vigore l'editto di Domiziano, l'apostolo Giovanni sia stato esiliato nell'isola di Patmos.

LE PERSECUZIONI SOTTO TRAIANO

Quella che nella storia ecclesiastica va sotto il nome di terza ondata di persecuzioni contro la chiesa ebbe luogo sotto Traiano, il quale occupò il trono imperiale dal 98 al 117 d.C.
Egli fu ed è considerato come uno dei migliori imperatori romani. Tuttavia approvò violente persecuzioni contro i Cristiani a causa della loro inflessibile ostinazione nel rifiutarsi di offrire sacrifici alle divinità romane. La storia ci ha tramandato una lettera molto importante di Plinio il Giovane, governatore del Ponto, diretta all'imperatore, e la risposta di quest'ultimo. Questa corrispondenza è interessante perché dimostra sino a qual punto il Cristianesimo si era diffuso a quel tempo ed il modo in cui i credenti venivano trattati dai funzionari di stato. Plinio chiedeva all'imperatore quale linea di condotta dovesse tenere nei rapporti con i Cristiani che erano sotto la sua giurisdizione. I giovani e i vecchi, i deboli ed i forti dovevano essere trattati allo stesso modo, oppure l'applicazione del castigo doveva essere diversa? All'accusato doveva essere dato il modo di ripudiare la sua religione, oppure il fatto che egli seguiva o aveva seguito il cristianesimo doveva essere considerato un reato imperdonabile? Quelli che erano accusati di essere Cristiani, dovevano essere puniti solo per la religione oppure per colpe specifiche derivanti dalla loro appartenenza alla chiesa? Dopo aver proposto questi interrogativi, il governatore procedeva ad elencare all'imperatore quello che egli aveva fatto in mancanza di istruzioni precise. L'imperatore rispose ordinando che i Cristiani non dovevano essere perseguitati per vendetta, ma arrestati se sospettati di reato e processati: e se davanti al tribunale si fossero rifiutati di rinunciare alla loro fede, allora dovevano essere messi a morte.

LE PERSECUZIONI SOTTO MARCO AURELIO


Marco Aurelio regnò dal 161 al 180 d.C. Egli era famoso perché desiderava il bene massimo del suo popolo; tuttavia sotto il suo governo i Cristiani subirono altre crudeltà Le persecuzioni furono molto aspre nella Gallia. Fra coloro che a quel tempo subirono il destino dei martiri si annoveravano Policarpo, vescovo di Smirne e Giustino, che la storia ricorda come filosofo. Con riferimento all'apparente irregolarità che anche i migliori regnanti permettevano, arrivando persino ad esercitare una energica opposizione ai Cristiani, come si è esemplificato dagli atti di questo imperatore, uno scrittore moderno ha detto: "Si dovrebbe notare che le persecuzioni contro i Cristiani sotto gli imperatori pagani ebbero origine da motivi politici anziché religiosi, e questa è la ragione per cui nell'elenco dei persecutori troviamo accanto al nome dei peggiori imperatori anche quello dei migliori. Si credeva che il benessere dello stato dipendesse dall'accurato svolgimento dei riti del culto nazionale, quindi, mentre i sovrani romani erano solitamente molto tolleranti, permettendo che fra i loro sudditi vi fosse la massima libertà religiosa, tuttavia essi esigevano dai cittadini di diversa fede il riconoscimento e la devozione degli dei romani bruciando incenso davanti alle loro statue. E poiché i Cristiani si rifiutavano di compiere siffatto rito, si giunse a ritenere che la loro trascuratezza nel servizio del tempio suscitasse la collera degli dei e mettesse in pericolo la sicurezza e la vita della nazione con la siccità, la pestilenza ed ogni altro disastro. Questa era la causa principale delle persecuzioni da parte degli imperatori romani contro il Cristianesimo." (General History di P.V.N. Myers edizione del 1889 pagina 232).

PERSECUZIONI SUCCESSIVE

Tranne alcuni periodi di tranquillità parziale, per tutto il secondo e terzo secolo i credenti Cristiani continuarono a soffrire a causa degli oppositori pagani. Nel primo decennio del terzo secolo una violenta persecuzione ebbe luogo sotto il regno di Severo (193-211 d.C.). Un'altra si scatenò sotto il regno di Massimo (235 238 d.C.). Un periodo in cui le persecuzioni furono particolarmente violente e le sofferenze dei Cristiani assai feroci fu durante il breve regno di Decio Traiano (249-251 d.C.) Dalla storia ecclesiastica la persecuzione avvenuta sotto Traiano è chiamata le settima persecuzione. Ne seguirono altre in rapida successione, ma noi le salteremo nella nostra disamina e ci soffermeremo a considerare quella più importante.

PERSECUZIONE DI DIOCLEZIANO


Nota anche come la decima e fortunatamente ultima. Diocleziano regnò dal 284 al 305 d.C. In principio egli fu molto tollerante verso i Cristiani. Infatti la storia dice che sua moglie e sua figlia erano Cristiane, anche se "in un certo senso lo erano segretamente". Tuttavia, in seguito Diocleziano divenne ostile alla chiesa e s'impegnò nella totale soppressione della religione di Cristo. A questo scopo egli ordinò la distruzione generale dei libri Cristiani, decretando la pena di morte contro tutti coloro che tenevano in possesso tali opere.

Il palazzo reale di Nicodemia s'incendiò 2 volte, e ogni volta la responsabilità fu attribuita ai Cristiani con terribili risultati. Quattro editti separati, ognuno dei quali superava quello precedente per ferocia, furono emanati contro quei poveri infelici, i quali per un periodo di 10 anni furono vittime di sfrenate rapine, estorsioni e torture. Alla fine del decennio di terrore, la chiesa era sparpagliata e apparentemente senza speranza. I sacri libri erano stati bruciati; i luoghi di culto erano stati rasi al suolo, migliaia di Cristiani erano stati messi a morte. Era stato fatto ogni possibile sforzo per annientare la Chiesa Cristiana e tutto il suo seguito. Le descrizioni delle punte massime cui giunse la brutalità imperiale suscitarono orrore. Un solo esempio può bastare e ce lo da Eusebio, parlando delle persecuzioni in Egitto: "Tale era la gravità della lotta sopportata dagli Egiziani che a Tiro, combattendo gloriosamente per la fede, migliaia di uomini, donne e bambini, sdegnando la vita presente per amore della dottrina del Nostro Salvatore, si assoggettarono alla morte sotto varie forme. Alcuni, dopo essere stati torturati alla ruota e spaventosamente frustrati o dopo aver sopportato altre innumerevoli agonie che al solo udirle ci farebbero rabbrividire, alla fine venivano dati alle fiamme, o gettati in mare e li lasciati affogare, o decapitati, o inchiodati su rozze croci a testa in giù, o lasciati morire in mezzo a tormenti di terribili privazioni." (Eusebio "Storia ecclesiastica, libro 8 capitolo 8).
Quella di Diocleziano fu l'ultima delle grandi persecuzioni della Roma pagana. Uno stupendo cambiamento, equivalente ad una rivoluzione, apparve all'orizzonte della chiesa. Costantino, che la storia chiama Costantino il Grande, divenne imperatore di Roma nel 306 e regnò per 31 anni. Sin dagli inizi del suo regno egli sposò la causa dei Cristiani e prese la chiesa sotto la sua protezione ufficiale. Secondo la leggenda la conversione dell'imperatore fu dovuta ad una manifestazione sovrannaturale, in cui egli vide una croce luminosa nei cieli, con la scritta:"In questo segno vincerai." L'autenticità di questa manifestazione è dubbia e il dubbio è posto soprattutto dalla storia. Questo fatto è qui citato per dimostrare a quali mezzi si ricorse per rendere il cristianesimo benvoluto a quel tempo. Molti storici prudenti sostengono che la cosiddetta conversione di Costantino fu più una questione politica che non un sincero riconoscimento delle verità predicate dal cristianesimo. Il grande sovrano rimase comunque un catecumeno vale a dire un credente non battezzato, fino all'ultimo periodo della sua vita, quando sentendosi morire, volle ricevere il battesimo e divenne Cristiano. Ma, quali che fossero i suoi motivi, nel 313 egli emanò un decreto più noto come "l'editto di Milano" con il quale proclamava la libertà di culto per i Cristiani in tutto l'impero. Myers scrive: "Egli fece della croce l'insegna reale; e ora, per la prima volta, le legioni romane marciavano sotto il vessillo del Cristianesimo."
Immediatamente dopo questa trasformazione ci fu una grande gara per riscuotere il favore della Chiesa. La carica di vescovo giunse ad essere più ambita del grado di generale. L'imperatore stesso era il capo effettivo della chiesa. Ora le cose erano capovolte: essere conosciuti come non Cristiani era impopolare e decisamente svantaggioso nel senso materiale. I templi pagani furono trasformati in chiese, e gli idoli pagani abbattuti. Si legge che in un anno, nella sola Roma, si battezzarono 12.000 fra uomini donne e bambini. Costantino, trasferì la capitale dell'impero da Roma a Bisanzio, città che egli ribattezzò con il suo nome Costantinopoli. Questa città, che oggi è la capitale della Turchia, divenne il quartier generale della chiesa.
Come sembra vana la millanteria di Diocleziano secondo la quale il cristianesimo era stato annientato per sempre! E quanto era differente la chiesa sotto il patrocinio di Costantino rispetto alla chiesa istituita da Cristo ed edificata dai suoi apostoli! Se si giudica in base alle norme della sua istituzione originale la Chiesa era già divenuta apostata.

CAUSE INTERNE

Come naturalmente ci si potrebbe aspettare, gli effetti immediati delle continue persecuzioni furono vari: essi andavano dall'entusiasmo sfrenato espresso con delirante clamore per il martirio all'apostasia più improvvisa e spregevole, con l'ostentazione di un autentico culto nei servizi idolatrici.
"In molti fedeli Cristiani nacque uno zelo che rasentava il fanatismo, tanto che senza riguardo alcuno alla dignità e alla discrezione, manifestavano una folle e scomposta eccitazione di gioia di fronte al proprio martirio. Alcuni di quelli che non erano stati assaliti, dispiacendosene, divennero accusatori di sé medesimi, mentre altri commisero apertamente atti di aggressione, con l'intento di attirare su di sé l'indignazione degli uomini." (Gibbon "Storia del declino dell'Impero romano capitolo 16).
Queste stravaganze erano indubbiamente incoraggiate dalla eccessiva venerazione concessa alla memoria dei resti mortali di coloro che erano periti per la causa cristiana. In seguito questo rispetto reverenziale divenne un'empia pratica di culto dei martiri.
Commentando l'imprudente entusiasmo degli antichi Cristiani, Gibbon dice: "Talvolta i Cristiani, con la loro spontanea confessione, esprimevano il desiderio di essere condannati; a questo scopo disturbavano anche il servizio pubblico del paganesimo e, assiepandosi intorno al tribunale dei magistrati, li invitavano a pronunciare ed ad infliggere la sentenza della legge. Il comportamento dei Cristiani era troppo fuori dall'ordinario per sfuggire all'osservazione degli antichi filosofi; ma sembra che questi lo considerassero con molto meno ammirazione che stupore. Incapaci di capire i motivi che talvolta spingevano il coraggio morale dei credenti oltre i limiti della prudenza e della ragione, essi consideravano questa bramosia di morire come lo strano risultato di una disperazione ostinata, di una stupida insensibilità o di un delirio superstizioso."
Ma c'è anche un altro atteggiamento. Mentre gli imprudenti fanatici richiamavano su di sé pericoli dai quali avrebbero potuto rimanere immuni, altri, terrorizzati dall'idea di poter essere inclusi fra le vittime, volontariamente disertarono la Chiesa ritornando alla fede pagana. Milner, parlando delle condizioni esistenti nel terzo secolo, e facendo sue le parole di Cipriano, Vescovo di Cartagine, che visse nel periodo dell'episodio descritto, dice: "Immediatamente moltissimi passarono all'idolatria. Ancor prima di essere accusati di essere Cristiani, molti correvano al foro e offrivano sacrifici agli dei, come veniva ordinato loro; ed il numero degli apostati era talmente grande che i magistrati desideravano rimandarli al giorno dopo, ma venivano importunati dagli sventurati supplicanti, i quali chiedevano che fosse concesso loro di dimostrare proprio quella stessa sera di essere pagani." (Milner "Storia della Chiesa", secolo III, capitolo 8).
"In concomitanza con questa apostasia individuale dei membri della chiesa sotto la spinta delle persecuzioni, i governatori delle province cominciarono a vendere certificati, o "libelli" che attestavano che le persone in essi menzionate avevano ottemperato alle leggi e offerto sacrifici alle divinità romane. Esibendo queste dichiarazioni, il più delle volte false, gli opulenti e timidi Cristiani potevano tacitare la cattiveria di un informatore conciliando in una certa misura la loro sicurezza con la loro religione." (Gibbon "Storia del declino e caduta dell'impero romano" capitolo XVI).
"Una variazione a questa pratica di quasi apostasia consisteva nel procurarsi attestati di persone di buona reputazione, nei quali era dichiarato che i latori avevano abiurato il Vangelo. Questi documenti venivano presentati ai magistrati pagani, i quali, dietro pagamento di una determinata somma, accordavano l'esenzione dall'offerta di sacrifici agli dei pagani". Millner "Storia della chiesa" secolo III capitolo 9.
A seguito di queste pratiche, per le quali i ricchi potevano comperarsi l'immunità dalle persecuzioni e nello stesso tempo mantenere una parvenza di buona reputazione nella chiesa, sorsero grandi dissensi sul fatto se coloro che avevano in questo modo dimostrato la loro debolezza potevano essere accolti di nuovo in seno alla chiesa.
Al massimo le persecuzioni non furono che una causa indiretta della decadenza del Cristianesimo e del pervertimento dei princìpi di salvezza del vangelo di Cristo. I pericoli più grandi ed immediati che minacciavano la chiesa vanno ricercati nel corpo stesso della medesima. In effetti le pressioni dell'opposizione dall'esterno servirono a frenare le gorgoglianti fonti di discordia interna, ed in realtà ritardarono le eruzioni più rovinose dello scisma ed eresia. Uno sguardo generale alla storia della chiesa sino alla fine del terzo secolo dimostra che i periodi di pace relativa erano periodo di debolezza e di decadenza spirituale e che, con il ritorno delle persecuzioni, si ebbe un risveglio ed una rinascita della devozione cristiana. I capi devoti del popolo non erano riluttanti nel dichiarare che ogni ritorno periodico delle persecuzioni era un periodo di castigo necessario e naturale per i peccati e la corruzione che avevano fatto progressi nell'ambito della chiesa.
In merito alle condizioni della chiesa nella metà del secolo terzo, Cipriano, vescovo di Cartagine, così si esprime: "Se si indagasse sulla causa delle nostre sofferenze, si potrebbe trovare la cura per guarire la piaga. Il Signore vuole che la sua famiglia sia mesa alla prova. E poiché la lunga pace aveva corrotto la disciplina rivelataci da Dio, il castigo celeste ha fatto risorgere in noi la fede che giaceva quasi addormentata; e quando, per i nostri peccati, abbiamo meritato di soffrire ancora di più, il Signore misericordioso ha moderato le cose in modo tale che vale la pena considerare l'intera questione più come una prova che non come una persecuzione". Ciascuno si era dedicato al miglioramento del proprio patrimonio, dimenticando quello che i credenti avevano fatto sotto gli apostoli, e quello che dovevano fare sempre: essi stavano rimuginando sul sistema di ammassare ricchezze; i pastori e i diaconi avevano dimenticato il loro dovere; le opere di misericordia furono trascurate, e la disciplina era in decadenza; predominavano la lussuria e l'effeminatezza; si coltivavano le arti dell'appariscenza nell'abbigliamento; fra i fratelli si praticavano la frode e l'inganno; i Cristiani si univano in matrimonio con i miscredenti; si bestemmiava senza rispetto e senza coscienza. Con altezzosa rudezza disprezzavano i loro superiori ecclesiastici; inveivano l'uno contro l'altro con oltraggiosa acrimonia, e litigavano con grande cattiveria; perfino molti vescovi, che dovevano essere una guida ed un esempio per gli altri, trascurando i doveri della loro carica, si dedicavano alle questioni secolari. Essi disertavano i loro luoghi di residenza e i loro greggi; viaggiavano di provincia in provincia, a volte in località lontanissime, in cerca di piaceri e di profitto, e presi da una insaziabile sete di denaro trascuravano di porgere aiuto ai fratelli bisognosi. Con la frode si impossessavano di proprietà e praticavano l'usura.
"Cosa non abbiamo meritato di subire per una simile condotta? Anche la parola divina ci aveva predetto quello che avremmo dovuto aspettarci:"Se i suoi figli abbandonano la mia legge e non camminano secondo i miei precetti, io punirò le loro offese con la verga, e i loro peccati con la sferza." Queste cose erano state proclamate e predette, ma invano. I nostri peccati avevano portato i nostri affari a mal passo, e poiché avevamo disprezzato gli ordini del Signore, eravamo costretti a subire la punizione per le nostri molteplici malvagità e la prova della nostra fede mediante rimedi severi." (Citato da Milner, "Storia della Chiesa" secolo III capitolo 8).
Milner, il quale cita con approvazione il severo biasimo verso la chiesa del secolo terzo, come appena indicato, non può essere giudicato di pregiudizio contro le istituzioni cristiane, poiché il suo scopo dichiarato nel presentare al mondo una ulteriore "Storia della chiesa di Cristo" era quello di dedicare la dovuta attenzione a determinati aspetti della questione che erano stati trascurati dagli scrittori precedenti, ed inoltre il metter in risalto la pietà, non la malvagità, di coloro che si professavano seguaci di Cristo.
Questo autore, che evidentemente era amico della chiesa e dei suoi devoti, ammette la crescente depravazione della setta cristiana, e dichiara che verso la fine del terzo secolo l'effetto della discesa dello Spirito santo nel giorno della Pentecoste si era esaurito, e che rimanevano poche prove di qualsiasi rapporto stretto fra Cristo e la chiesa.

Per dimostrare ulteriormente il declino dello spirito cristiano verso la fine del terzo secolo, Milner cita la seguente osservazione di Eusebio, uno dei testimoni oculari delle condizioni descritte: "La pesante mano del castigo divino cominciò debolmente, poco a poco, a farsi sentire su di noi, nella sua maniera abituale, ma noi non ci lasciammo impressionare dalla sua mano, ne ci preoccupammo di ritornare a Dio. Accumulammo peccato su peccato, giudicando come incauti Epicurei, che a Dio non interessavano i nostri peccati, né egli ci avrebbe mai castigato a cagion loro. E i nostri sedicenti pastori, accantonando la regola della pietà, si buttavano nelle contese e nelle divisioni." Egli aggiunge che la terribile persecuzione di Diocleziano veniva allora inflitta ai Cristiani come un giusto castigo per la loro iniquità. (Milner "Storia della chiesa" secolo III capitolo 17).
Si ricorderà che il grande cambiamento con cui la chiesa fu innalzata ad un posto d'onore dello stato, avvenne nei primi decenni del quarto secolo. È errore comune supporre che la decadenza della chiesa come istituzione spirituale risalga a quel tempo. L'immagine della chiesa, il cui potere spirituale declina in proporzione al suo aumento dell'influenza e della ricchezza temporale, ha interessato storici e scrittori di opere a carattere sensazionale. Ma tale immagine non rispecchia la verità. La chiesa era satura dello spirito dell'apostasia molto tempo prima che Costantino la prendesse sotto la sua potente protezione accordandole una posizione ufficiale nello stato. A conforto di questa affermazione, io cito nuovamente Milner, l'amico dichiarato della chiesa: "So che gli scrittori sono d'accordo nel dichiarare che la grande decadenza del cristianesimo avvenne soltanto dopo il suo riconoscimento ufficiale da parte di Costantino. Ma l'evidenza storica mi ha indotto a dissentire da questa immagine delle cose. Infatti abbiamo veduto che per un'intera generazione, prima della persecuzione di Diocleziano, erano apparsi pochi segni della pietà superiore. In realtà raramente gli uomini si erano dimostrati devoti; e sappiamo che comunemente le grandi opere dello Spirito di Dio non si sono mai esplicate se non attraverso la guida di qualche straordinario pastore, santo e riformatore. Tutto questo periodo, con l'intero quadro della persecuzione, è molto sterile per ciò che attiene a figure di uomini di questa specie. Le direttive morali, filosofiche e monastiche non faranno per gli uomini quello che invece potrà fare la dottrina evangelica. E se la fede in Cristo era tanto decaduta (il suo declino dovrebbe esser fatto risalire intorno all'anno 270), non dobbiamo meravigliarci se scene quali quelle cui accenna Eusebio senza alcun particolare circostanziato, accaddero nel mondo cristiano. Egli parla anche dello spirito ambizioso di molti nell'aspirare agli uffici della chiesa, delle ordinazioni illegali e sconsiderate, delle liti fra gli stessi confessori della fede, delle contese suscitate dai giovani demagoghi proprio fra i residui della chiesa perseguitata, ed infine degli accresciuti mali che i propri vizi suscitavano fra i Cristiani. Questi mali non ebbero origine dal Cristianesimo, ma dall'allontanamento da esso." (Milner storia della Chiesa" secolo IV capitolo 1).
Il tentativo di innesto di dottrine estranee al Vangelo di Cristo fu una cosa tipica dei primi anni del periodo apostolico. Si legge del mago Simone, il quale aveva abbracciato la chiesa di Cristo mediante il battesimo, che era talmente privo del vero spirito del Vangelo da cercare di acquistare con il denaro l'autorità e il potere del sacerdozio. Quest'uomo, benché rimproverato da Pietro e apparentemente pentito continuò ad infastidire la chiesa inculcando eresie nella mente dei fedeli e facendo proseliti fra i membri della chiesa stessa. I suoi seguaci costituirono una setta, o culto, fino al quarto secolo, e, scrivendo a quel tempo Eusebio dice di loro: "Essi, seguendo il sistema del loro fondatore, s'insinuarono nella chiesa come una malattia pestilenziale infettando della più grande corruzione quelli in cui essi riuscivano ad infondere il loro veleno segreto, irrimediabile e distruttivo." (Eusebio "Storia ecclesiastica" libro II cap 1).
Questo Simone, noto nella storia come Simone il mago, è citato dagli antichi scrittori Cristiani come il fondatore dell'eresia, a causa dei suoi continui tentativi di fondere insieme il cristianesimo e lo Gnosticismo. Dalla sua presunzione di acquistare l'autorità spirituale prese nome di Simonia, il commercio delle cose sacre.
Per il tramite del Rivelatore, il Signore sconfessò certe chiese perché avevano adottato o tollerato dottrine e pratiche estranee al Vangelo. In particolare questo si riferisce ai Nicolaiti ed a i seguaci delle dottrine di Balaam.
Il pervertimento della vera teologia così creatosi nell'ambito della chiesa è da attribuire alla introduzione dei sofismi sia giudaici che pagani. In verità, all'inizio dell'era cristiana e per secoli dopo, il Giudaismo fu più o meno strettamente unito alla filosofia pagana e contaminato dalle cerimonie omonime. Esistevano numerose sette o gruppi, culti e scuole, ognuno dei quali propugnava teorie opposte circa la composizione dell'anima, l'essenza del peccato, la natura della divinità e tutta una serie di altri misteri. Ben preso i Cristiani si trovarono coinvolti in controversie senza fine fra loro stessi.
I seguaci del giudaismo convertitisi al Cristianesimo cercavano di modificare i principi della nuova fede in modo da armonizzarli col loro ereditato amore per il giudaismo, ed il risultato fu distruttivo per entrambi. Nostro Signore aveva indicato la futilità di qualsiasi tentativo del genere tendente a mischiare nuovi princìpi con i vecchi sistemi, o a rattoppare i pregiudizi del passato con parti frammentarie della nuova dottrina :"Or niuno," disse Egli, "mette un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio, perché quella toppa porta via qualcosa dal vestito, e lo strappo si fa peggiore. Neppur si mette del vino nuovo in otri vecchi, altrimenti gli otri si rompono, il vino si spande e gli otri si perdono, ma si mette il vin nuovo in otri nuovi, e l'uno e gli altri si conservano." (Matteo 9:16-17).
Il Vangelo giunse come una nuova rivelazione che segnava il compimento della Legge. Esso non era una semplice aggiunta, né un semplice ripristino dei passati dettami. Il giudaismo fu sminuito ed il Cristianesimo corrotto da questa assurda unione.
Fra le prime e più dannose adulterazioni della dottrina cristiana si ricorda l'introduzione degli insegnamenti degli gnostici. Questi sedicenti filosofi proclamavano l'audace rivendicazione del diritto di saper guidare la mente umana alla completa comprensione dell'Essere Supremo ed alla conoscenza del vero rapporto fra la Divinità ed i mortali. In effetti essi dicevano che esisteva un essere eterno che si manifestava come una luce radiosa diffusa attraverso lo spazio, che essi chiamavano "Pleroma". "La natura eterna, infinitamente perfetta ed infinitamente felice, essendo rimasta da sempre in una profonda solitudine e in una beata tranquillità, alla fine produsse da sé stessa due menti di diverso sesso, le quali rassomigliavano al loro supremo genitore nella maniera più perfetta. Dalla prolifica unione di questi due esseri, altri ebbero origine, i quali a loro volta si riprodussero per generazioni successive, talché nel processo del tempo nel Pleroma, si formò una famiglia celeste. Questa divina progenie, immutabile nella sua natura, e al di sopra del potere della mortalità era chiamata dai filosofi "Aeon", termine che nella lingua greca significa "natura eterna". Quanti fossero questi Aeon è questione molto controversa presso i saggi orientali." (Mosheim "Istituzioni di storia ecclesiastica" Secolo I parte II).
L'Eone (dal greco aion = eterno), chiamato il "Demiurgo" creò questo mondo e arrogantemente asserì il dominio su di esso,negando nel modo più assoluto l'autorità del supremo genitore. La dottrina gnostica afferma che l'uomo è l'unione fra un corpo che, essendo creazione del Demiurgo, è essenzialmente malvagio, e uno spirito che, avendo origine dalla Divinità, è prevalentemente buono. Gli spiriti così imprigionati nei corpi cattivi, alla fine saranno liberati, ed allora il potere del Demiurgo cesserà; e la terra si dissolverà nel nulla.
La nostra giustificazione per introdurre qui questo parziale sommario dello gnosticismo sta nel fatto che anticamente furono fatti tentativi per adattare i princìpi di questa setta alle esigenze del Cristianesimo e nel fatto che era stato affermato che sia Cristo che il Santo Spirito appartenevano alla famiglia degli Eoni previsti da questo disegno. Ciò portò alla esosa assurdità del negare che Gesù avesse un corpo anche quando viveva da uomo e come uomo, e che il suo aspetto fisico fosse un inganno dei sensi compiuto dal suo potere soprannaturale.
Un'altra setta, o scuola, le cui dottrine erano in un certo grado amalgamate a quelle del cristianesimo era quella dei Neoplatonici. Le antiche sette dei Platonici erano per alcuni punti dottrinali affini a quella degli Epicurei ed erano rivali degli Stoici. Gli antichi Platonici sostenevano che la materia esiste dall'eternità, e che il suo organizzatore, Dio, è ugualmente eterno. Come Dio è eterno, così anche la sua volontà o intelligenza è senza principio; e questa intelligenza eterna, esistente come la volontà o proposito divino, era chiamata "Logos". Questi precetti venivano insegnati molto tempo prima dell'era cristiana, e la filosofia seguita da alcune delle sette giudaiche contrapposte al tempo di Cristo ne era stata influenzata.

A guisa che i princìpi del Cristianesimo divenivano conosciuti universalmente, certi capi della setta dei Platonici trovavano nella nuova dottrina molte cose da studiare e da ammirare. A quel tempo, tuttavia, il Platonismo stesso aveva subito molti cambiamenti, e i seguaci più liberali avevano formato una nuova organizzazione, chiamata "Neoplatonici". Essi professavano di trovare in Gesù Cristo l'incarnazione del Logos, e accettavano con avidità la dichiarazione di S.Giovanni: "Nel principio era la Parola e la Parola era con Dio e la Parola era Dio. ... E la Parola è stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi." (Giovanni 1:1,14). Secondo la filosofia eclettica e neoplatonica, la "Parola" cui si riferiva San Giovanni era il "Logos" descritto da Platone. La concezione Platonica della Divinità formata dalla divinità e dal Logos, si allargò secondo i princìpi Cristiani, per includervi tre membri, lo Spirito Santo essendo il terzo. Da questo sorse un serio e lungo contrasto circa i poteri relativi di ciascun membro della Trinità, con particolare riguardo alla posizione e all'autorità del Logos, o figlio. Le molte controversie relative alla fusione della teoria platonica con la dottrina cristiana proseguirono attraverso i secoli e, in un certo senso, esse turbano la mente degli uomini anche in questa età moderna.
È completamente estraneo al nostro scopo classificare o descrivere gli ibridi frutti risultanti dall'innaturale unione della filosofia pagana con la verità cristiana, né tenteremo di seguire nei particolari i dissensi e le dispute sulle questioni teologiche e dottrinali. Il nostro scopo è raggiunto quando per l'ammissione dei fatti e la citazioni di fonti autorevoli la realtà dell'apostasia è stabilita. Considereremo pertanto solo le discordie più importanti che agitarono la chiesa.
Intorno alla metà del terzo secolo, Sibellio, un presbitero o vescovo della chiesa d'Africa, propugnò strenuamente la dottrina della trinità nell'unità come caratteristica della divinità. Egli asseriva che la natura divina di Cristo non è un attributo né distinto né personale dell'uomo Gesù, ma semplicemente una parte dell'energia divina, una emanazione dal Padre, di cui il figlio è temporaneamente dotato, così come analogamente lo Spirito Santo è parte del divino Padre. Queste concezioni furono vigorosamente confutate da alcuni, così come furono difese da altri, ed il disaccordo era al massimo quando Costantino improvvisamente mutò la condizione della Chiesa intervenendo in suo favore. Agli inizi del quarto secolo la controversia assunse un aspetto burrascoso: si era accesa un'aspra polemica fra Alessandro, Vescovo di Alessandria e Ario, uno dei dirigenti subordinati della medesima chiesa. Alessandro proclamava che il figlio è sotto ogni profilo uguale al Padre, ed uguale nella sostanza ed essenza. Ario insisteva nel sostenere che il Figlio è stato creato dal Padre, e quindi non può essere coetaneo con il suo divino genitore; che il Figlio è il mezzo con cui è eseguita la Volontà del Padre, e che per questa ragione il Figlio è inferiore al Padre sia nella natura che nella dignità. Allo stesso modo lo Spirito Santo è inferiore agli altri membri della Divinità.
L'Arianesimo, come si chiamò la dottrina di Ario, veniva predicata con zelo e con zelo combattuta. Le conseguenze di tali dispute minacciavano di minare la chiesa nelle sue fondamenta. Alla fine l'imperatore Costantino fu costretto a intervenire nel tentativo di appianare i contrasti fra le due parti in lizza. Egli indisse un concilio ecumenico che fu tenuto a Nicea (concilio di Nicea). Correva l'anno 325. La dottrina di Ario fu condannata ed egli stesso scomunicato ed esiliato. Quella che fu dichiarata essere la dottrina ortodossa della chiesa Cattolica, o universale, in merito alla Divinità fu promulgata con queste parole.
"Noi crediamo in un Dio solo, Padre Onnipotente, artefice di tutte le cose visibili e invisibili; ed in un solo Signore, Gesù Cristo, figlio di Dio, generato dal Padre, unigenito, fatto della stessa sostanza del Padre, Dio di Dio, Luce della Luce; Vero Dio del Vero Dio; generato, non fatto; della stessa materia del Padre, dal quale tutte le cose furono fatte, sia quelle del cielo che quelle della terra; il quale, per nostra salvezza, discese in terra e s'incarnò, e divenne uomo; soffrì e risorse il terzo dì, ascese nei cieli e verrà a giudicare i vivi ed i morti; e nello Spirito Santo. Ma quelli che dicono che c'è stato un tempo in cui Egli (il Figlio) non era, e che Egli non era prima che fosse generato, e che Egli è stato fatto dal nulla, o affermano che Egli è di qualsiasi altra sostanza o essenza, e che il Figlio di Dio è stato creato, ed è mutabile o cambiabile, la Chiesa Cattolica li dichiara maledetti."
Questa è la versione generalmente riconosciuta del credo di Nicea promulgato originariamente. Nella forma esso fu alquanto modificato, anche se i suoi elementi essenziali furono lasciati praticamente immutati dal concilio tenuto a Costantinopoli mezzo secolo dopo. Quella che è considerata una riesposizione del credo di Nicea è stata attribuita ad Attanasio, uno dei principali oppositori dell'Arianesimo, anche se il suo diritto di esserne considerato l'autore è messo in dubbio da molti ed enfaticamente negato dalle stesse fonti autorevoli nel campo della storia ecclesiastica. Cionondimeno la dichiarazione sopra esposta viene riconosciuta dalla letteratura come il "Credo di Attanasio", e , a torto o ragione, con tale nome esso continua ad essere una dichiarazione di fede di alcune sette cristiane del nostro tempo. Il medesimo attualmente occupa un posto nel rituale prescritto della chiesa d'Inghilterra.
Nella storia ecclesiastica il concilio di Nicea è noto come uno dei più famosi e più importanti che mai siano stati tenuti; vi parteciparono 318 vescovi e i temi trattati furono tanti. Fu risolta non solo la controversia Ariana, ma anche altre questioni. Così la vertenza che durava da lunga data sul problema della celebrazione della Pasqua fu sistemato con il voto, come lo fu la questione dibattuta da Novato e i suoi seguaci circa la giustezza di riammettere nella Chiesa gli apostati pentiti e lo scisma causato da Melezio, vescovo del Nord Africa, il quale si era rifiutato di riconoscere l'autorità superiore del vescovo di Alessandria. Alla luce del numero e delle varietà delle questioni presentate al concilio di Nicea per un giudizio, possiamo tranquillamente concludere che la chiesa da poco insediata sul trono non era caratterizzata dall'unità di intento, né dall'armonia di azione. Tuttavia, a confronto con le aspre contese che ne seguirono, i dissensi che vi furono sotto il regno di Costantino non erano che l'inizio dei disordini.
Una delle eresie che nacquero agli inizi della chiesa e che furono di rapida diffusione fu la dottrina del dualismo fra il corpo e lo spirito, per cui il primo era considerato come un incubo ed una maledizione. Da quello che è stato detto ciò sarà riconosciuto come una delle alterazioni derivanti dall'alleanza fra lo gnosticismo ed il cristianesimo. Uno dei risultati di questo innesto con le dottrine pagane fu un'ampia diffusione delle pratiche eremitiche con cui gli uomini cercavano di indebolire, torturare, e sottomettere il corpo, affinché lo spirito, o "anima", potesse acquistare maggiore libertà. Molti di coloro che seguivano in pratica questo sconcertante punto di vista si ritirarono in solitudine nel deserto, e qui trascorsero il tempo dedicandosi a pratiche di rigida astinenza e compiendo atti di delirante autotortura. Altri si chiusero in una prigione cercando la gloria nelle privazioni e nelle penitenze che si imponevano da soli. Fu questa innaturale visione della vita che dette origine ai vari ordini di reclusi, eremiti e monaci.
Non ritenete che il Salvatore pensasse a queste pratiche quando, mettendo in guardia i discepoli contro le false rivendicazioni della santità che ben presto avrebbero caratterizzato quel tempo, disse: "Se dunque vi dicono: – eccolo, è nel deserto, non v'andate; eccolo, è nelle stanze intere, non lo credete?" (Matteo 24:26).
Mosheim scrisse: "Sostenevano che la comunione con Dio andava cercata nella mortificazione dei sensi, estraniando la mente da ogni interesse esterno, macerando il corpo con la fame e la fatica e da una sacra specie d'indolenza, che restringeva ogni attività dell'anima a una pigra contemplazione delle cose spirituali ed esterne. La chiesa cristiana non sarebbe mai stata disonorata da questo entusiasmo crudele e asociale, né alcuno si sarebbe assoggettato a quelle atroci torture della mente e del corpo, se molti Cristiani non fossero stati ingannevolmente attirati dall'aspetto specioso e del pomposo suono di quella massima dell'antica filosofia che dice: – Per poter raggiungere la vera felicità e la comunione con Dio è necessario che anche in terra l'anima si separi dal corpo il quale, per il raggiungimento dello scopo, deve essere macerato e mortificato" (Mosheim "Istituzioni della storia ecclesiastica" Secolo IV, parte II cap 3:12,13).
Molto presto nella sua storia la Chiesa manifestò la tendenza a soppiantare la semplicità originaria del suo culto con cerimonie complicate, modellate secondo il rituale dei seguaci del giudaismo e le idolatrie pagane.
Per ciò che concerne queste innovazioni, Mosheim scrive quanto segue come riferimento alle condizioni esistenti nel secondo secolo: "Non c'è alcuna istituzione così pura ed eccellente che, con l'andare del tempo, la corruzione e la follia dell'uomo non alterino in peggio e non la soverchino di corollari estranei alla sua natura e al suo schema originale. Questo in modo particolare fu il destino della Cristianità. In quel secolo molti inutili riti e cerimonie furono aggiunti al culto cristiano, e l'introduzione fu estremamente offensiva per gli uomini saggi e buoni. Questi cambiamenti, mentre distruggevano la bella semplicità del vangelo, attiravano il volgo, il quale faceva poca attenzione a qualsiasi cosa che non colpisse i suoi sensi esteriori e perciò si dilettava più della pompa e dello splendore delle istituzioni esteriori che del semplice fascino della devozione razionale e solida." Mosheim spiega che i vescovi di quel tempo aumentarono le cerimonie e cercarono di dar loro splendore "per compiacere le debolezze e i pregiudizi sia degli ebrei che dei pagani." (Mosheim "Istituzioni di storia ecclesiastica" Secolo II parte II cap 4).
Per conciliare più efficacemente i dettami evangelici con i pregiudizi ebraici, ancora legati al rispetto della lettera della legge mosaica, i dirigenti della chiesa del primo e secondo secolo fecero propri gli antichi titoli, così i vescovi si dichiarano sommi sacerdoti, e i diaconi, Leviti. "Allo stesso modo" dice Mosheim "il paragone fra l'oblazione cristiana e il sacrificio propiziatorio ebraico produsse una serie di riti ibridi, e fu un'occasione per introdurre l'errato concetto dell'eucarestia, rappresentandolo come un sacrificio reale e non semplicemente come una commemorazione di quella grande offerta che un tempo fu fatta sulla croce per i peccati mortali" (Moshei "Istituzioni di storia ecclesiastica" secondo secolo Parte II cap 4:4).
Nel quarto secolo troviamo la chiesa ancora più impegnata nel formalismo e nella superstizione. Il rispetto con cui i resti degli antichi martiri erano stati onorati degenerò o divenne una venerazione superstiziosa pari ad un culto. Questa pratica era permessa per riguardo all'adorazione pagana per gli eroi deificati. Anche i pellegrinaggi alle tombe dei martiri divenne una forma esteriore di culto. Le ceneri di tali martiri, nonché la polvere e la terra trasportata dai luoghi che si dicevano fossero stati resi santi a seguito di qualche fatto insolito, venivano vendute come estremi rimedi contro le malattie e come mezzo di protezione contro gli assalti degli spiriti maligni.
"Durante il secondo e terzo secolo la forma del culto era talmente mutata da aver poca somiglianza con la semplicità e la devozione delle antiche congregazioni. I discorsi filosofici presero il posto delle ferventi testimonianze, e l'arte del dire e del disputare soppiantò la vera eloquenza delle convinzioni religiose. Gli applausi erano consentiti e desiderati perché erano la prova della popolarità del predicatore. L'offerta dell'incenso, originariamente aborrita dalle congregazioni cristiane, perché di origine pagana come il suo significato, divenne comune nelle cerimonie della chiesa cristiana sullo scorcio del terzo secolo. Nel quarto secolo l'adorazione delle immagini, sculture o dipinti, venne ad occupare un posto di rilievo nel culto cristiano. Nell'ottavo secolo il tentativo di mettere un freno agli abusi derivanti da questa pratica idolatrica portò alla guerra civile." (Mosheim "Istituzioni di storia ecclesiastica" Secolo VIII parte II cap. 3:9-10).
Considerando queste dimostrazioni del cerimoniale pagano e dei riti superstiziosi che presero il posto delle celebrazioni religiose semplicissime della chiesa al tempo della sua integrità. Chi può dubitare della vasta e spiacevole apostasia? Ma ancor più importanti, ancora più significative delle semplici appendici al cerimoniale, sono le alterazioni e le modifiche introdotte nelle ordinanze più sacre ed essenziali della chiesa di Cristo. Poiché è comune presso le autorità ecclesiastiche considerare il battesimo e il sacramento della cena del Signore come le ordinanze più essenziali del Vangelo istituite da Cristo e seguite dai suoi Apostoli. Esamineremo soltanto queste come esempi delle alterazioni non autorizzate prima citate. In questa limitazione dei nostri esempi, noi non diciamo che il battesimo ed il sacramento della cena erano le uniche ordinanze che la chiesa tenesse in grande considerazione, in verità ve n'erano delle altre. Per esempio, l'imposizione delle mani da parte di persone autorizzate per il conferimento dello Spirito Santo nel caso di credenti battezzati era importante quante il battesimo stesso (vedere Atti 8:5-8, 12:14-17, inoltre atti 19:1-7, Matteo 3:11 Marco 1:8), e certamente questa ordinanza era considerata altrettanto essenziale quanto la prima (vedere Matteo 3:11). Inoltre l'ordinazione al sacerdozio, cerimonia di autorizzazione divina, era indispensabile al mantenimento di una chiesa organizzata.

CONTRAFFAZIONE DELL'ORDINANZA BATTESIMALE

Prima di tutto parliamo del battesimo. In cosa consisteva originariamente questa ordinanza? Quale era il suo scopo ed il modo di amministrarla? E quali trasformazioni essa subì nel corso dell'apostasia progressiva attraverso cui passò la Chiesa? Che il battesimo fosse essenziale (come lo è anche adesso) per la salvezza dell'uomo non c'è bisogno di dimostrarlo qui; Lo scopo del battesimo era ed è quello di ottenere la remissione dei peccati. L'osservanza di questo sacramento è stata sin dal principio la condizione essenziale per poter essere ammessi nella chiesa di Cristo. Nell'antica chiesa il battesimo veniva amministrato dietro la professione di fede e la dimostrazione del pentimento; si effettuava per immersione (vedere Marco 1:4, Luca 3:3, inoltre Atti 2:38 1, Pietro 3:21, Atti 22:16), ed il rito veniva celebrato da una persona investita della necessaria autorità sacerdotale. Come esempi posiamo citare la rapidità con cui venne amministrato il battesimo ai credenti in quel fatidico giorno di Pentecoste, il battesimo amministrato da Filippo al convertito etiope immediatamente dopo la dovuta confessione di fede, il tempestivo battesimo del devoto Cornelio e della sua famiglia ed infine il battesimo del carceriere convertito da Paolo, suo prigioniero. (Atti 2:37-41, Atti 8:26-39, Atti 10:47-48, Atti 16:31-33).
Tuttavia nel secondo secolo un ordine sacerdotale aveva limitato l'ordinanza sacerdotale del battesimo al tempo delle due festività della chiesa: la Pasqua e la settimana di Pentecoste. Prima di essere ritenuto idoneo per ricevere il battesimo, il candidato doveva sottoporsi ad un lungo e tedioso corso di preparazione. Durante questo tempo egli era chiamato "Catecumeno" o novizio. Secondo alcune fonti autorevoli, in tutti i casi, tranne che in quelli eccezionali, il corso preparatorio durava tre anni.
Durante il secondo secolo il simbolismo battesimale della nuova nascita venne messo in risalto con molte aggiunte a questa ordinanza, talché i nuovi battezzati erano trattati come neonati e perciò nutriti con latte e miele come segno della loro immaturità. Inoltre, essendo il battesimo ritenuto una cerimonia di liberazione dalla schiavitù di Satana, vi furono aggiunte certe formule usate nel rito di liberazione degli schiavi. Anche l'unzione con olio entrò a far parte di questa cerimonia. Nel terzo secolo la semplice ordinanza del battesimo fu ulteriormente alterata dagli uffici di un esorcista. Questo funzionario religioso si abbandonava a "minacce e a spaventose grida e declamazioni" per cui i demoni o gli spiriti maligni che si supponeva affliggessero il candidato venivano scacciati." Lo scacciare questi demoni era ora considerato essenziale per il battesimo, dopo di che i candidati ritornavano a casa adornati di corone e di vesti bianche come emblemi sacri. Le corone stavano ad indicare la loro vittoria sul peccato e sul mondo; le vesti bianche la loro purezza ed innocenza interiore. Nel quarto secolo si cominciò a mettere il sale in bocca ai battezzandi, come simbolo della purificazione, e il battesimo vero e proprio era sia preceduto che seguito da unzione con olio.
La forma o modo del battesimo subì anche un cambiamento radicale durante la prima metà del terzo secolo, cambiamento a seguito del quale il suo simbolismo essenziale venne a cessare. L'immersione che rappresentava la morte seguita dalla resurrezione, non fu più ritenuta un requisito essenziale, e al suo posto s'introdusse l'aspersione con acqua. Cipriano, dotto vescovo di Cartagine, propugnò la giustezza dell'aspersione al posto dell'immersione nei casi di debolezza fisica, e questa pratica in seguito divenne generale. Il primo di cui si legge è quello di Navota, un eretico che chiese di essere battezzato quando pensava che la morte fosse vicina.
"Non soltanto la forma del rito battesimale fu radicalmente cambiata, ma fu alterata anche l'applicazione dell'ordinanza La pratica dell'amministrazione del battesimo dei neonati fu riconosciuta come ortodossa nel terzo secolo e indubbiamente risaliva ad epoca precedente. In una lunga disputa sulla questione se fosse opportuno posporre il battesimo dei neonati fino all'ottavo giorno dopo la nascita, in ossequio all'usanza giudaica per cui la circoncisione si eseguiva in quel giorno, fu deciso che tale ritardo sarebbe stato pericoloso, perché avrebbe potuto pregiudicare il benessere futuro del bambino se questi fosse morte prima degli otto giorni, per cui il battesimo doveva essere amministrato quanto prima possibile dopo la nascita." (Milner "Storia della Chiesa" secolo III cap 13).
Non si può immaginare una dottrina più ignominiosamente irrazionale di quella della condanna dei neonati non battezzati, e non c'è necessità di cercare una prova più valida delle eresie che avevano invaso e corrotto l'antica chiesa. Le parole di Moroni nel libro di mormon suonano profetiche al riguardo, (Moroni 8:10-20) "Ecco! Io ti dico ciò che devi insegnare: la penitenza ed il battesimo per COLORO CHE SONO RESPONSABILI E CAPACI DI COMMETTER PECCATO, si insegna ai genitori che debbono pentirsi per essere battezzati ed umiliarsi come i loro figlioletti, allora saranno tutti salvati come i loro bambini. Ed I LORO FIGLIOLETTI NON HANNO BISOGNO né DI PENTIRSI né DI ESSERE BATTEZZATI. Ecco il battesimo è per il pentimento a compimento dei comandamenti, per la remissione dei peccati. Ma i fanciulli sono viventi in Cristo fin dalla fondazione del mondo; se no Iddio sarebbe un Dio mutevole ed anche un Dio parziale e di rispetto umano; quanti bambini infatti sono morti senza battesimo! Dunque, se i fanciulli non potessero essere salvati senza battesimo, essi sarebbero andati eternamente in inferno! Ora ti affermo che chi suppone che i fanciullini abbiano bisogno di battesimo è NEL FIELE DELL'AMAREZZA E NELLE CATENE DELL'INIQUITÀ E NON HA né FEDE né SPERANZA E né CARITÀ, per cui, se dovesse essere reciso mentre nutre tali pensieri, dovrebbe scendere giù in inferno. È terribile malvagità supporre che Iddio salvi un bambino a causa del battesimo e che l'altro debba perire perché non è battezzato (...)"
I fanciulli non possono pentirsi; perciò è orribile malvagità il negare le pure misericordie di Dio per loro, poiché sono tutti viventi, grazie alla sua Misericordia. E chiunque dice che i fanciulli hanno bisogno di battesimo, nega la misericordia di Cristo, annulla LA SUA ESPIAZIONE ed il potere della sua redenzione.
Una simile dottrina è estranea al vangelo ed alla chiesa di Cristo, e la sua adozione quale principio essenziale è una prova dell'apostasia.

ALTERAZIONI DELL'ORDINANZA DEL SACRAMENTO DELLA CENA DEL SIGNORE


Il sacramento della cena del Signore è stato considerato un'ordinanza essenziale sino dal tempo della sua istituzione nella Chiesa di Gesù Cristo. Tuttavia, malgrado la sua santità esso ha subito radicali trasformazioni sia per ciò che riguarda il suo simbolismo che il suo scopo riconosciuto. Questo sacramento, così come fu istituito dal Salvatore, e come era amministrato durante il tempo apostolico, era tanto semplice quanto sacro e solenne. Accompagnata dal vero spirito del vangelo la sua semplicità era santificatrice; interpretata dallo spirito dell'apostasia, tale semplicità divenne un biasimo. Così troviamo che nel terzo secolo, oltre a lunghe preghiere sacramentali, fu introdotta anche una gran pompa. Le congregazioni che se lo potevano permettere usavano calici d'oro e d'argento, e questo con grande ostentazione. Coloro che non erano membri della chiesa, o i membri "che erano in condizioni di penitenti" venivano esclusi dal servizio, a imitazione della esclusività che caratterizzava i misteri pagani. Sorsero dispute e divergenze circa la scelta del tempo per amministrare il sacramento, cioè se la mattina, il mezzogiorno o la sera, e anche circa la frequenza con cui si doveva celebrare questa ordinanza. In epoca successiva fu istituita la dottrina della "transustanziazione" come canone essenziale della Chiesa Romana. Descritta sommariamente, questa dottrina dice che il pane e il vino usati nel sacramento perdono il loro carattere di semplice pane e vino e diventano di fatto la carne ed il sangue del Cristo crocifisso. Si pensa che la trasformazione avvenga in modo mistico da ingannare i sensi, cioè il pane ed il vino appaiono sempre come tali anche dopo essere divenuti realmente carne e sangue del Salvatore. Questa concezione, tanto saldamente difesa e rispettata dai membri ortodossi della chiesa Romana, è veementemente attaccata da altri come un "canone assurdo" (Milner) e una dottrina "mostruosa e innaturale" (Mosheim). Si è fatto un gran parlare dell'origine di questa dottrina, i cattolici romani sostengono che essa è molto antica, mentre i loro oppositori insistono nell'affermare che fu una innovazione dell'ottavo o nono secolo. Secondo Milner "essa veniva insegnata apertamente nel secolo nono". (Milner "Storia della Chiesa" secolo IX Capitolo 1). "Fu ufficialmente istituita come dogma della chiesa dal concilio di Piacenza nel 1095." (Milner "Storia della Chiesa" secolo XIII cap. 1), e "divenne un articolo essenziale della fede, cui tutti dovevano credere, con un provvedimento del tribunale ecclesiastico romano intorno al 1160. Nel 1215 un editto ufficiale del papa Innocenzo III confermò il dogma come principio e dettame vincolante della chiesa." (Mosheim "Istituzioni della chiesa ecclesiastica" secolo XIII parte II cap. 3:2) ed è tuttora in vigore.
Il simbolo consacrato dell'"ostia" che è considerato la vera carne e sangue di Cristo, veniva adorato come divino in sé stesso. Così "alla ricezione di questa dottrina fu collegata una pratica idolatra molto dannosa. Gli uomini si prostravano davanti all'ostia consacrata perché la identificavano con Dio; e la novità, l'assurdità e l'empietà di questa pratica colpirono profondamente la mente di tutti gli uomini che non erano sordi al senso della vera religione." Milner "Storia della Chiesa" secolo XIII cap 1. La Chiesa Cattolica insegna che la celebrazione della messa è un reale sacrificio, seppure mistico, in cui il Figlio di Dio è offerto ogni giorno quale continua espiazione per i peccati presenti dei fedeli che partecipano alla messa. Un'altra alterazione di questo sacramento è rappresentata dalla somministrazione del solo pane, anziché del pane e del vino come era originariamente richiesto.
Analizziamo adesso alcune cose più strettamente inerenti il papato. Roma che da molto tempo era la padrona del mondo nelle questioni secolari, lo divenne anche in quelle religiose, grazie al vescovo di Roma che ne rivendicava la supremazia. Ma stando a "Rivelazione" la chiesa di Roma non era importante nel primo secolo e non vi era alcuna leader, infatti delle sette chiese menzionate in Apocalisse non solo non si fa riferimento a Roma, ma parlando della città di Roma l'apostolo Giovanni la chiama Babilonia, una bella differenza. Secondo Atti la chiesa si riuniva sempre a Gerusalemme per discutere i vari problemi dottrinali, leggere il capitolo 15. Non vi è alcun passo, nemmeno quando Paolo va a Roma, che lasci intendere che la sede fosse stata spostata proprio a Babilonia la grande.
È senz'altro vero che la chiesa di Roma fu organizzata da Pietro e Paolo, ché forse fu l'unica chiesa che loro organizzarono? Sicuramente no! In ossequio alla tradizione si diceva che l'apostolo Pietro era stato il primo vescovo di Roma, ma la Bibbia non conferma. La Chiesa Cattolica di oggi rivendica la stessa cosa, e cioè l'attuale papa è l'ultimo successore diretto, non soltanto del vescovato, ma anche dell'apostolato.
La legittima supremazia dei vescovi di Roma, o sommi pontefici, come furono chiamati in nome dell'umiltà cristiana, fu ben presto messa in discussione; e quando Costantino trasferì la capitale dell'impero da Roma a Bisanzio (Costantinopoli), il vescovo di questa città, avendo oramai imparato come si giocava, reclamò l'uguaglianza con quello di Roma. La contesa divise la Chiesa, ed i dissensi si trascinarono per secoli fino a quando divenuti più aspri nel 1054 culminarono in quello conosciuto come scisma d'Oriente, a seguito del quale il Vescovo di Costantinopoli, noto particolarmente come il Patriarca, disconobbe ogni e qualsiasi dipendenza dal vescovo di Roma. Questa rottura è oggi caratterizzata dalla distinzione fra i cattolici romani ed i cattolici greci.
L'elezione del pontefice, o vescovo di Roma, fu per molto tempo lasciata al voto del popolo e del clero. Successivamente la funzione elettorale fu assegnata al clero soltanto, e nell'undicesimo secolo tale potere fu conferito al collegio dei cardinali che lo detiene tuttora. I pontefici romani fecero di tutto per acquisire anche l'autorità temporale, oltre a quella spirituale, ed in un certo senso vi riuscirono; la loro influenza era divenuta talmente grande che nell'undicesimo secolo li troviamo rivendicare tale diritto presso principi, re ed imperatori nelle questioni delle varie nazioni. Fu a questo punto, cioè agli inizi del loro più grande potere temporale, che i pontefici assunsero il titolo di "Papa", parola che significa "Padre", nel senso di genitore universale. Il potere dei Papi aumentò ancora durante il dodicesimo secolo fino a raggiungere il suo apice nel tredicesimo.
Non contenti della supremazia su tutti gli affari della chiesa, i papi "portarono le loro insolenti pretese fino al punto di farsi passare per signori dell'universo, arbitri del destino di regni ed imperi, e supremi regnanti al disopra dei re e dei principi della terra." (Mosheim "Istituzioni di storia ecclesiastica" secolo XI parte II cap 2:2). Paragonate questa arrogante e tirannica chiesa del mondo con la Chiesa di Cristo. Sotto Ponzio Pilato nostro Signore dichiarò: "Il mio regno non è di questo mondo".
"Nel secolo quarto la chiesa aveva emanato quella che è stata definita una legge iniqua ed infame, e cioè che gli errori nella religione, se sostenuti dopo giusti ammonimenti, erano punibili con pene civili e torture corporali" (Mosheim "Istituzione di storia ecclesiastica" secolo IV parte II cap 3:16). Con il passare degli anni l'applicazione di questa legge appariva sempre più atroce, tanto che nell'undicesimo secolo, ed anche più tardi, troviamo che la chiesa impone pene pecuniarie, prigionia, torture corporali e persino la morte, per l'infrazione di leggi ecclesiastiche, e, più ignominioso ancora, che tali sentenze venivano mitigate o annullate dietro pagamento di denaro. Questo portò alla ripugnante consuetudine della vendita delle "indulgenze", commercio questo che in seguito prese le vie più tortuose arrivando al disonorevole estremo di concedere le indulgenze prima ancora di aver commesso la colpa, evidentemente essi pensavano in grande.
In principio la concessione delle indulgenze come esonero dalle pene temporali era ristretta ai vescovi e come commercio organizzato questa abitudine risale alla metà del dodicesimo secolo. Tuttavia stava ai papi giungere all'empio limite di pensare di rimettere i castighi dell'aldilà dietro pagamento delle somme prescritte. La loro pretesa giustificazione dell'empia presunzione era orribile quanto l'azione in sé stessa, e costituisce la spaventosa dottrina della"supererogazione". Questa dottrina, che fu formulata nel tredicesimo secolo, diceva questo: "Esisteva veramente un immenso tesoro di meriti, consistenti nelle azioni pie e virtuose che i santi avevano compiuto al di là di quello che era necessario per la loro salvezza, e che dunque si applicavano a vantaggio degli altri; che il custode e dispensiere di questo prezioso tesoro era il pontefice romano e che, conseguentemente, egli aveva la facoltà di assegnare a coloro che riteneva meritevoli una porzione di questa inestinguibile fonte di meriti, in misura idonee alle loro rispettive colpe, e in quantità sufficiente a liberali dal castigo che avrebbero dovuto subire per le loro colpe." (Mosheim vedere "Istituzioni di Storia ecclesiastica" XII secolo parte II cap 3:4).
A dimostrazione delle indulgenze vendute in Germania nel sedicesimo secolo, abbiamo la descrizione delle azioni di Johann Tetzel, rappresentante del papa, il quale andava in giro vendendo il perdono dei peccati. Dice Milner: "Miconio ci assicura che egli stesso udì Tetzel declamare con incredibile impudenza l'illimitato potere del papa e l'efficacia delle indulgenze, la gente credeva che nel momento in cui la persona pagava i soldi per un'indulgenza la sua salvezza fosse certa, e che le anime per cui si comperavano le indulgenze venissero seduta stante fatte uscire dal purgatorio. Johann Tetzel si vantava di aver salvato con le sue indulgenze più anime dall'inferno di quante non ne avesse convertite S. Pietro al Cristianesimo con le sue prediche. Egli assicurava a chi acquistava le indulgenze che i suoi peccati, per quanto gravi, sarebbero stati perdonati; per cui divenne quasi inutile per lui invitare i peccatori a redimersi col pentimento se volevano salvarsi." (Milner "Storia della chiesa XVI secolo cap. 2).
Una copia di una indulgenza scritta da Tretzel stesso, il venditore della grazia papale, ci è stata tramandata come segue: "Possa nostro Signore Gesù Cristo, avere misericordia di te ed assolverti per i meriti della sua santissima passione. Ed io, per la sua autorità, per quella dei suoi apostoli Pietro e Paolo, e del santissimo papa, a me concessa e affidata, ti assolvo, prima di tutto da ogni biasimo ecclesiastico, quale che sia il modo in cui tu sia incorso in esso, quindi da tutti i peccati, trasgressioni ed eccessi, per quanto enormi possano essi essere, persino da quelli che sono di competenza del papa. E per quello che le chiavi della Santa Chiesa hanno il potere di fare, io ti rimetto tutti i castighi che ti meriti nel purgatorio a causa delle tue colpe e ti reintegro nei tuoi diritti, nel diritto ai santi sacramenti della chiesa, nel diritto all'unità dei fedeli, e nel diritto a quella innocenza e purezza che possedevi al momento del battesimo. Così quando morirai, le porte del castigo resteranno chiuse, e quelle del paradiso ti saranno aperte. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo." (Millener "Storia della Chiesa" XVI secolo cap. 2).
A mo' di scusa o di difesa, la chiesa Cattolica Romana asseriva che una dichiarazione di contrizione o di pentimento era necessaria da parte della persona che chiedeva l'indulgenza e che la grazia veniva accordata in base di tale pentimento e non dietro compenso pecuniario o di qualche altra cosa. Se la chiesa accettava qualcosa dai beneficiari delle indulgenze, era per rispetto all'usanza di fare un dono alla Chiesa. Inoltre sappiamo che intorno alla metà del sedicesimo secolo il Concilio di Trento disapprovò gli abusi inerenti alla vendita delle indulgenze. Tuttavia rimane il terribile fatto che per centinaia di anni la chiesa aveva rivendicato per il suo papa il potere di rimettere i peccati, e che il provvedimento di perdono dei medesimi veniva venduto come una qualsiasi altra merce.
Un altro abuso perpetrato dai concilii per il cui tramite i sommi pontefici esercitavano poteri autocratici, si riscontra nelle restrizioni imposte nella lettura e nella interpretazione della scrittura. Lo stesso concilio di Trento, che aveva disconosciuto l'autorità o la responsabilità delle azioni compiute dai funzionari ecclesiastici in merito allo scandaloso traffico delle indulgenze, ordinò l'emissione di una serie di provvedimenti atti ad impedire al popolo la lettura delle Scritture. Così: "Fu promulgata una legge severa e intollerabile che faceva divieto a tutti gli interpreti e commentatori delle Scritture di non dare, del contenuto di questi libri divini, un significato diverso da quello espresso dal linguaggio della Chiesa e dei suoi antichi dottori. La stessa legge dichiara inoltre che la Chiesa soltanto (cioè il suo capo, il papa) aveva il diritto di stabilire il vero significato della scrittura. Per colmare la misura di questi provvedimenti tirannici ed iniqui, la chiesa di Roma continuò ostinatamente ad affermare, anche se non sempre con la stessa imprudenza e chiarezza di parola, che le sacre Scritture non erano state composte per uso della moltitudine, ma soltanto per quello dei suoi insegnanti spirituali; e di conseguenza, ordinò che questa divina documentazione fosse sottratta al popolo in tutti i luoghi che erano sotto la sua giurisdizione." (Mosheim"Istituzioni di storia ecclesiastica" XVI secolo parte I cap 1:25).
Indubbiamente una cappa di tenebre si era abbattuta sulla terra. Da lungo tempo la chiesa di Cristo aveva cessato di esistere. Al posto del Sacerdozio conferito per autorità divina, c'era un papato creato dall'uomo che governava con la mano di ferro della tirannia e della costrizione morale. In una sua valente opera il Dr. J.W. Draper fa un elenco dei pontefici che si succedettero dalla metà dell'ottavo secolo alla metà dell'undicesimo secolo, con note biografiche su ciascuno.

IL PAPATO CONDANNA SÉ STESSO


Considerando gli interessi della religione soltanto, ad alcuni può sembrare desiderabile omettere qualsiasi riferimento biografico sui papi; ma ciò non può essere fatto con giustizia verso la questione. Il principio essenziale del papato, secondo cui il pontefice romano è il vicario di Cristo in terra, necessariamente comporta un suo rapporto personale con noi. Come faremo noi a capire la sua fede, se non la vediamo esemplificata dalla sua vita? Infatti, l'infelice natura di quei rapporti fu la causa che suscitò i movimenti della Germania, Francia e Inghilterra, che terminarono con l'estinzione del papato quale potere polito reale, movimenti che si capiscono soltanto attraverso una sufficiente conoscenza della vita privata dei papi. Per quanto possibile, è bene astenersi dall'attribuire ai sistemi le imperfezioni dei singoli individui. In questo caso essi sono inseparabilmente connessi. Un contrassegno non certo apprezzabile del papato è che, sebbene la sua storia possa essere grandiosa, la sua biografia è disgustosa. Tuttavia eviterò di parlarne in questi termini più di quanto la circostanza sembri necessariamente richiedere; tacerò su alcuni di quei casi che impressionerebbero profondamente il lettore veramente religioso, e mi limiterò a prendere in considerazione solo il periodo che va dalla metà dell'ottavo secolo alla metà dell'undicesimo, adducendo per il critico imparziale la scusa che tale periodo è quello di cui mi sono principalmente interessato in questo capitolo.
"Alla morte del papa Paolo I, che era salito al pontificato nel 757 d.C., il Duca di Nepi costrinse alcuni vescovi a consacrare "papa" Costantino, uno dei suoi fratelli. Ma successivamente, dopo che gli elettori più legittimi ebbero scelto Stefano IV (768 d.C.) l'usurpatore ed i suoi accoliti furono severamente puniti; a Costantino furono cavati gli occhi; al vecchio Teodoro fu tagliata la lingua, e poi fu gettato in una prigione e lasciato morire dall'agonia della sete. I nipoti del papa Adriano, con l'aiuto di alcuni nobili, aggredirono il nuovo papa Leone III durante una processione e lo picchiarono a sangue lasciandolo in mezzo al Corso con la lingua mozza e gli occhi accecati (799 d.C.). In seguito a questo fatto si aprì a Roma un altro periodo di complotti, attentati, uccisioni, ecc. Il successore di Leone III, Stefano V (816 d.C.) fu ignominiosamente scacciato dalla città e sostituito con Pasquale I. Ma anch'egli fu accusato di aver accecato ed ucciso due ecclesiastici nel palazzo Laterano. Di fronte a tale accusa era necessario che i commissari imperiali indagassero sulla faccenda, ma il papa morì dopo essersi discolpato giurando davanti a 30 vescovi. Giovanni VIII (872 d.C.) incapace di resistere ai Maomettani, fu costretto a pagar loro una certa somma, parte della quale andò nelle tasche del Vescovo di Napoli, che aveva stretto un'alleanza segreta con loro. Giovanni lo scomunicò, e minacciò di non assolverlo se non avesse tradito il capo dei Maomettani e non avesse assassinato alcuni di loro. In seno al clero vi fu una cospirazione per uccidere il papa; parte del tesoro della chiesa fu trafugato, e la porta di S. Pancrazio fu aperta con chiavi false per far entrare i saraceni nella città. Formoso, che aveva preso parte a queste operazioni e che fu scomunicato come cospiratore per l'assassinio di Giovanni, fu in seguito eletto papa (891 d.C.).. Gli succedette Bonifacio VI (896 d.C.), il quale era stato deposto dal diaconato, e quindi dal sacerdozio, per la sua vita immorale e dissoluta. Da Stefano che gli succedette, venne aperto un processo postumo contro Formoso, il cui cadavere fu esumato dalla tomba, vestito delle vesti papali e puntellato su di una seggiola. Stefano VI aprì l'udienza; Formoso fu riconosciuto colpevole e deposto. Al termine del processo un prete strappò di dosso al cadavere i paramenti sacri, gli recise le tre dita dalla mano destra, gli tagliò la testa e fra i lazzi osceni del popolino gettò le sue ossa nel Tevere. Ma Stefano stesso era destinato ad esemplificare quanto il papato fosse caduto in basso; egli fu tradotto in prigione e strangolato. Nel corso di 5 anni, dal 896 .d.C. al 900 d.C. furono consacrati 5 papi. Leone V, che fu eletto nel 904 d.C., in meno di 2 mesi fu gettato in prigione da Cristoforo, uno dei suoi cappellani, il quale, dopo averne usurpata la tiara, fu poco dopo espulso da Roma da Sergio III, il quale, con l'aiuto di una forza militare, nel 905 d.C. si impadronì del pontificato. Quest'uomo, secondo la testimonianza di quei tempi, visse mantenendo rapporti sessuali con le prostitute Teodora, la quale insieme alle sue figlie Marozia e Teodora, esse pure prostitute, esercitò uno straordinario potere su di lui. Teodora amò pure Giovanni X; essa prima gli dette l'arcivescovado di Ravenna, e poi nel 915 d.C., lo trasferì a Roma come papa. Giovanni non era all'altezza dei tempi e tuttavia seppe organizzare la difesa di Roma contro i Saraceni. Il mondo rimase stupefatto dell'apparizione di questo pontefice alla testa delle sue truppe. Per l'amore di Teodora, come abbiamo detto, egli tenne la tiara per 14 anni; poi per gli intrighi e l'odio della di lei figlia Marozia, fu gettato in prigione e soffocato con un cuscino. Dopo un breve intervallo, Marozia fece salire sul trono di Pietro il figlio, che prese il nome di Giovanni XI, nel 931 d.C. Molti affermarono che il papa Sergio era suo padre, ma essa stessa era incline ad attribuirlo a suo marito Alberico. Un altro dei suoi figli, Alberico, chiamato come il padre, un po' per odio e un po' per gelosia fece arrestare il fratellastro Giovanni e lo gettò in prigione insieme alla loro madre Marozia. Dopo un certo tempo fu eletto papa, il figlio di Alberico, 956 d.C., che prese il nome di Giovanni XII. Giovanni aveva soltanto 19 anni quando divenne papa (Giovanni XI ne aveva 12). Il suo regno fu caratterizzato dalle più disgustose immoralità, tanto che l'imperatore Ottone I fu costretto dal clero germanico ad intervenire. Fu indetto un sinodo per processarlo nella chiesa di S. Pietro.
Egli era accusato di aver accettato denaro per la consacrazione di certi vescovi; di aver ordinato un ragazzo di soli 10 anni, di aver celebrato quella ed un'altra cerimonia in una stalla, di aver commesso incesto con una delle concubine di suo padre, e di così tanti altri adulteri che il palazzo Laterano era divenuto un bordello. Egli tolse gli occhi ad un ecclesiastico, ed un altro fu castrato, e tutti e due morirono a causa delle sue sevizie. Era dedito all'ubriachezza, al gioco d'azzardo e all'invocazione di Giove e Venere. Quando gli fu ordinato di apparire dinanzi al consiglio, egli fece sapere che "era andato fuori a caccia" ed ai padri che protestarono contro di lui osservò che "Giuda, come gli altri apostoli, aveva ricevuto dal suo maestro il potere di legare e di sciogliere, ma che non appena fu provato che egli era un traditore della causa comune, il solo potere che conservò fu quello di legare il proprio collo." Al che egli fu deposto e al suo posto venne eletto nel 963 d.C. Leone VIII, ma successivamente prese il sopravvento, s'impadronì dei suoi antagonisti, tagliò la mano ad uno, il naso, un dito, la lingua ad altri. Alla fine fu ucciso per vendetta da un uomo la cui moglie aveva sedotto.
Dopo tali particolari, è quasi inutile citare gli annali dei papi successivi, cioè raccontare per esempio, che Giovanni XIII fu strangolato in prigione, che Bonifacio VII mise in prigione Benedetto VIII e lo uccise facendolo morire di fame, che Giovanni XIV fu segretamente messo a morte nelle prigioni di Castel Sant'Angelo, che il cadavere di Bonifacio fu trascinato dalla popolazione lungo le strade. Il sentimento di venerazione per il pontefice sovrano, o meglio, di rispetto, in Roma si era estinto; in tutta l'Europa il clero era così impressionato dallo stato di cose che, nella sua indignazione, cominciò a considerare favorevolmente l'intenzione dell'imperatore Ottone di togliere agli italiani il privilegio di nominare il successore di Pietro, e di limitarlo alla sua stessa famiglia. ma il suo congiunto, Gregorio V, che egli mise sul trono pontificio, fu ben presto costretto dai Romani a fuggire; le sue scomuniche ed i suoi rimbombi religiosi furono pubblicamente derisi; i Romani conoscevano troppo bene la vera natura di quei terrori: essi vivevano dietro le quinte. Un terribile castigo aspettava l'antipapa Giovanni XVI. Ottone ritornò in Italia, lo catturò, gli tolse gli occhi, gli tagliò il naso e la lingua, e lo mandò per le strade a cavallo di un asino con la faccia rivolta verso la coda dell'animale, con sul capo un'otre di vino. Sembrava impossibile che le cose potessero peggiorare; tuttavia Roma doveva ancora vedere Benedetto IX (1033) un ragazzo che ancora non dodicenne fu elevato al trono apostolico. Di questo pontefice uno dei suoi successori, Vittorio III, dichiarò che la sua vita era stata così vergognosa, così indecente, così esecrabile da farlo rabbrividire al solo descriverla. Egli aveva governato come un capitano di banditi, anziché come un prelato. Alla fine, la popolazione, incapace di sopportare oltre i suoi adulteri, i suoi omicidi e le sue gesta abominevoli, era insorta contro di lui. Per la disperazione di non saper conservare la sua posizione, egli aveva messo all'asta la tiara, che era stata acquistata da un presbitero di nome Giovanni conosciuto come Gregorio VI (1045)" (J.W. Draper "Intellectual development of Europe" Vol 1 cap XII pag 378-381).

CONSEGUENZE DELL'APOSTASIA

Il periodo che va dal decimo secolo fino al tempo dell'umanesimo va sotto il nome di secoli bui, caratterizzati dal ristagno nel progresso delle arti, delle scienze e delle lettere, con un conseguente stato generale di ignoranza e di analfabetismo fra le masse.
L'ignoranza è un terreno fertile per le erbe maligne, e il governo dispotico e gli errori dottrinali della chiesa durante questo periodo di tenebre erano nutriti dall'ignoranza di quei tempi. Con la trasformazione nota nella storia come il "Rinascimento" venne la lotta per la libertà dalla tirannia della chiesa.
Una delle prime rivolte contro il dispotismo temporale e spirituale della chiesa fu quella degli Albigesi, in Francia, durante il tredicesimo secolo. Questa insurrezione era stata soffocata dall'autocrazia papale con grande crudeltà e spargimento di sangue. La successiva rivolta importante fu quella di John Wickliffe, nel secolo quattordicesimo. Wickliffe era un professore dell'Università di Oxford, Inghilterra. Egli attaccò apertamente l'abuso del potere esercitato dai monaci, e denunciò la corruzione della chiesa e tutti i suoi errori dottrinali. Nella sua opposizione alle restrizioni papali sullo studio popolare delle scritture egli fu particolarmente energico, e dette al mondo una versione inglese della Sacra Bibbia tradotta dalla Volgata. Malgrado le persecuzioni e la sentenza, egli morì di morte naturale. Anni dopo però la chiesa insistette sulla vendetta, e di conseguenza le sue ossa furono esumate e bruciate e le ceneri sparse al vento.
Nel continente europeo le rivolte contro la chiesa furono promosse da Jan Huss e da Gerolamo da Praga i quali subirono il martirio come premio del loro giusto zelo. Questi esempi sono qui citati per dimostrare che, benché la chiesa fosse stata per lungo tempo apostata fino al midollo, c'erano uomini pronti a sacrificare la propria vita per difendere quella che essi ritenevano essere la causa della Verità.
Le condizioni che esistevano all'inizio del sedicesimo secolo sono state brevemente riassunte da uno storico moderno cone le seguenti parole: "Prima dell'inizio del sedicesimo secolo c'erano state popolazioni come gli Albrigesi nella Francia meridionale, i Wicliffiani in Inghilterra, e gli Hussiti in Boemia, i quali avevano negato l'autorità suprema e l'infallibilità del papa in tutte le questioni che riguardavano la religione. Parlando in termini molto generali sarebbe corretto dire che alla fine del quindicesimo secolo tutte le nazioni dell'Europa occidentale professavano la fede della Chiesa Cattolica Romana, o latina, e obbedivano alla Santa Sede." (Myers"Gen. Hist." pagina 520).
La successiva rivolta, quella più importante, contro la chiesa di Roma ebbe luogo nel sedicesimo secolo ed assunse proporzioni tali da essere chiamata "La Riforma". Questo movimento ebbe origine in Germania intorno al 1517, quando Martin Lutero, monaco agostiniano e professore dell'Università di Wittemberg, si oppose pubblicamente a Tetzel, il già ricordato incaricato papale per la vendita delle indulgenze. Lutero era intimamente convinto che l'intero sistema delle penitenze ed indulgenze era contrario alle scritture, alla ragione ed alla giustizia. Egli scrisse le sue famose 95 tesi contro le indulgenze, quindi ne affisse una copia alla porta della chiesa di Wittemberg, esortando tutti gli studiosi a presentare le loro eventuali critiche. La notizia si diffuse in tutti i centri di studio d'Europa. Lutero attaccò altri abusi e altre dottrine della Chiesa Romana, per cui il papa Leone X lo invitò ad una ritrattazione incondizionata, pena la scomunica. Lutero bruciò pubblicamente il documento papale di ingiunzione dichiarando così la sua aperta rivolta. Contro di lui fu allora pronunciata la sentenza di scomunica.
Questa è la dichiarazione che Lutero rese dinanzi al consiglio o "Dieta" di Worms: "Io non posso sottomettere la mia fede né al papa né al consiglio perché è chiaro come il giorno che essi hanno sbagliato e si sono reciprocamente contraddetti. Perciò, a meno che io non sia convinto dalla testimonianza della scrittura e dalla logica più lampante, a meno che io non sia persuaso in base ai passi che ho citato, e a meno che essi non rendano la mia coscienza vincolata dalla Parola di Dio, io non posso ritrattare, né ritratterò, perché è pericoloso per un cristiano andare contro la sua coscienza. Questa è la mia posizione, non posso fare diversamente. Dio mi aiuti! Amen."
La controversia religiosa si diffuse in tutta l'Europa. Nella seconda dieta di Spira (1529) fu promulgato un editto contro i riformatori. A questo editto i rappresentanti di 7 principati germanici ed altri delegati contrapposero una protesta ufficiale, e da ciò presero il nome di "Protestanti". Lutero morì nel 1546, ma l'opera riformatrice continuò ad espandersi. Presto però i Protestanti si divisero e formarono molte sette in lotta fra di loro.
Una conseguenza del protestantesimo fu il parziale risveglio della Chiesa romana alla necessità di una riforma interna, e così si tentò una seria riaffermazione dei princìpi cattolici. Il concilio di Trento (1545-1562) negò per la chiesa le rivendicazioni avanzate per le indulgenze, e disconobbe la sua responsabilità di gran parte degli abusi di cui la chiesa era stata accusata. Ma in concomitanza con il tentativo di riforma venne anche la richiesta di una più completa obbedienza ai dettami della chiesa.
Verso la fine del quindicesimo secolo, sotto il regno di Ferdinando ed Isabella di Spagna, fu istituito il tribunale dell'inquisizione, allora noto come il Santo Ufficio. Lo scopo principale di tale istituzione era quello di perseguire e di condannare gli eretici con pene severissime. Di questo ignominioso Santo Uffizio che aveva il suo quartier generale in Spagna, Myers dice: "Il Santo Uffizio divenne così strumento della crudeltà più incredibile. Migliaia di persone furono arse sul rogo, e decine di migliaia furono condannate a scontare pene terribili. La regina Isabella, per aver dato il suo nulla osta alla fondazione di un si crudele strumento di persecuzione e di morte, deve essere stata spinta da uno zelo eccessivo religioso e dalla deprecabile presunzione che sopprimendo l'eresia essa espletava un semplice dovere e rendeva un servizio a Dio "Nell'amore di Cristo e della sua Vergine Madre" essa dice "ho causato grande dolore. Ho spopolato città e distretti, province e regni" (Myers "Gen Hist" pagina 500).
Ora, nel sedicesimo secolo, in concomitanza con il tentativo di riforma delle dottrine cattoliche, la terribile Inquisizione "prende nuovo vigore e attività, e l'eresia è tratta con estrema severità". Quanto segue getta luce sulle condizioni di quel tempo: "A questo punto, in concomitanza con le persecuzioni dell'Inquisizione, non dobbiamo dimenticare che nel sedicesimo secolo il rifiuto di uniformarsi al culto stabilito era considerato da tutti, Protestanti e Cattolici, una specie di tradimento contro la società e veniva trattato di conseguenza. Così troviamo Calvino a Ginevra che da il suo consenso perché Serveto (1553) sia arso sul rogo per aver diffuso concezioni che i Calvinisti ritenevano eretiche; ed in Inghilterra vediamo che i protestanti anglicani che conducono le persecuzioni più crudeli, senza interruzione, non solo contro i Cattolici, ma anche contro tutti i protestanti che si rifiutavano di uniformarsi alla chiesa ufficiale dello stato."
Possiamo dire tranquillamente che a questo punto, cattolici e protestanti dessero dimostrazione che per certo non praticavano per niente il comandamento più importante che Gesù aveva insegnato "Ama il prossimo tuo come te stesso", "Ama il tuo nemico e se questi ti costringe a fare un miglio fanne due", molto probabilmente tutte queste persone facevano il secondo miglio per trovare un buon posto per accendere il fuoco. Da queste cose risulta evidente che non solo la Chiesa Cattolica, che aveva prodotto questo stato di cose, aveva commesso molte atrocità, ma gli stessi nuovi adepti delle nuove comunità religiose stavano intraprendendo la stessa via che essa aveva battuta: "L'intolleranza".
Cosa dire di una chiesa che cerca di propagare la sua fede con tali metodi? Il fuoco e la spada sono le armi con cui la Verità combatte le sue battaglie? La tortura e la morte sono argomenti evangelici? Se le persecuzioni subite dagli antichi Cristiani ad opera dei loro nemici pagani avevano la stessa matrice, può una simile esser la chiesa di Cristo?
In Inghilterra nacque la chiesa anglicana solo perché il loro regnante, che era stato appena definito "difensore della fede" voleva avere il divorzio per sposare Anna Bolena. Dato che il papa tergiversava Enrico VIII divenuto impaziente, si sposò segretamente. Il papa non poté fare altro che scomunicarlo e così Enrico VIII fondò la chiesa di Inghilterra e se ne fece il capo. Direi che espediente più ridicolo ed infamante per edificare una chiesa non sia mai stato trovato.
Nelle profezie dello stesso Cristo vi è l'avvertimento che negli ultimi giorni vi sarebbe stato "Ecco, quello è Cristo, ecco questo è Cristo". Vi sono chiese come la chiesa di Inghilterra che portano il nome della loro nazione di origine, oppure come la Chiesa Cattolica, che significa "Universale", altre sette portano il nome dei loro promotori: Luterani, Calvinisti, Wesleiani, altre sono nate per qualche particolarità di credo o dottrina, come i Metodisti, i Battisti, i Presbiteriani, ma possibile che nessuna chiesa si sia chiamata con il nome del suo vero Fondatore o Pietra Angolare?
Se la madre chiesa è senza autorità divina, come era nel caso della Chiesa Cattolica. Infatti se Dio tolse il sacerdozio agli ebrei per lo stesso motivo (l'apostasia) non aveva forse molti più motivi per fare altrettanto con una chiesa tirannica, dispotica che niente aveva a che fare con la religione di Cristo? Se la Chiesa Cattolica non aveva l'autorità, come giustamente i protestanti affermavano, e qui essi avevano pieno diritto di affermarlo, da chi essi ebbero questo importante riconoscimento, e cioè il sigillo dell'autorità divina? Quasi tutti i protestanti affermano che lo hanno avuto tramite lo Spirito Santo, ma è lo Spirito Santo diviso? mi spiego se il movimento protestante avesse formato una Chiesa, anche se scritturalmente non sarebbe provabile che lo Spirito Santo avrebbe dato loro l'autorità almeno si potrebbe dire che lo Spirito Santo aveva riprodotto UNA SOLA VERITÀ, invece il movimento protestante costituì una miriade di chiese con una miriade di differenti dottrine, allora dovremmo dire che il vero ricercatore dovrebbe individuare quale fra questa miriade era la chiesa che Dio voleva restaurare. Ma andiamo avanti, nei tempi passati Dio aveva già avuto modo di risolvere questo problema dell'apostasia e come lo aveva risolto? Aveva forse lasciato agli uomini il modo oppure era intervenuto Egli stesso inviando messaggeri celesti, o profeti o che dir si voglia? Se insistete nel dire che i protestanti erano mandati da Dio, dovreste convenire che ne mandò troppi e con idee diverse, ma nessuno di loro ebbe l'ardire di dire che era stato mandato da Dio, nessuno ebbe il coraggio di dire: "Così dice il Signore" nessuno mai dichiarò "ho l'autorità per fare questo, perché...". Questo tasto non è mai stato toccato, perché era un tasto dolente e tale è rimasto fino ad oggi.
La conseguenza della Grande Apostasia è la restaurazione del Vangelo che segna l'inizio della dispensazione della pienezza dei tempi. Noi affermiamo che questo è avvenuto nella prima parte del diciannovesimo secolo, con l'avvento della chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Se ciò non è vero allora il mondo è ancora in piena apostasia e senza il Sacerdozio di Dio e per chi non crede che ciò non sia accaduto non ha altra speranza che quella di attendere un'altra restaurazione, ma come diceva il profeta Isaia: "Iddio farà maraviglie su maraviglie".
Apocalisse 14:6-7 "poi vidi un altro angelo che volava in mezzo al cielo, recante l'Evangelo eterno PER ANNUNZIARLO A QUELLI CHE ABITANO SULLA TERRA e ad ogni nazione e tribù e lingua e popolo; e diceva con gran voce: temete Iddio e dategli gloria, poiché l'ora del suo giudizio è venuta; e adorate Colui che ha fatto il cielo e la terra e il mare."

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